Fra Dolcino da Novara è stato un Predicatore.
Fondatore e Guida Spirituale del Movimento dei Dolciniani.
Vissuto nel periodo più buio del Basso Medioevo, è stato una figura di grande carisma e dalla grande personalità. Oratore di spicco, fluente nella comunicativa, sotto la sua leadership il numero dei seguaci al movimento crebbe a dismisura, fino a toccare le 10000 unità. Pensando che all’epoca la città di Novara contava circa 5000 abitanti, è possibile avere un riscontro migliore su quella che è la portata dei numeri. La sua Predicazione, fatta di contenuti apertamente ostili alla Curia Romana, uniti ad una dubbia condotta morale, attirò le ire della Chiesa. Papa Bonifacio VIII° ne bandi’ contro una vera e propria persecuzione, che portò a scontri ed episodi di guerriglia urbana, che terminarono con lo sterminio di quasi tutti i Dolciniani e la cattura dello stesso Dolcino. Accusato di Eresia dall’Inquisizione, fu bruciato sul rogo nel 1307.
Quadro Storico
Fra Dolcino si inserisce in un contesto storico ricordato come Disputa sulla Povertà Apostolica. Si tratta questa di una feroce controversia che vide scontrarsi la Chiesa Cattolica e l’Ordine Francescano, in un arco di tempo che va dal 1200 al 1350 circa. Siamo nel periodo del cosiddetto Pauperismo Medievale, una corrente di pensiero che caratterizzò gli Ordini Mendicanti e che esaltava un messaggio religioso che si riassume intorno alla questione sulla legittimità della chiesa di possedere beni e ricchezze. In contrapposizione alle gerarchie ecclesiastiche, i pauperisti vivevano gli insegnamenti e la dottrina di Gesù Cristo come riportata sui Vangeli, ponendo l’accento sulla povertà individuale del singolo cristiano.
Allargando inoltre il quadro storico, andando quindi indietro nei secoli, vediamo che alla morte dell’Imperatore Romano Teodosio nel 395 d.C. gli immensi territori dell’Impero Romano furono divisi tra i suoi due figli, Arcadio, il maggiore che ereditò quello che sarebbe diventato l’Impero Romano d’Oriente, e Onorio, il minore, a cui venne assegnato l’Impero Romano d’Occidente. Nelle intenzioni di Teodosio, la suddivisione doveva portare una migliore organizzazione burocratica e militare, cosa questa che non avvenne mai, tanto che nella pratica i due territori non si sarebbero mai più riuniti. L’avanzata dei popoli barbari (Roma stessa fu vittima del famoso Sacco ad opera dei Visigoti di Alarico) portò ad un profondo cambiamento geopolitico che sarebbe infine confluito nel Sacro Romano Impero. Quest’ultimo nelle intenzioni iniziali, si poneva al servizio del Cristianesimo (da qui il termine “Sacro”); in realtà nel corso dei secoli se ne discostò sempre più entrandovi in conflitto.
Chiesa e Impero, raggiunsero entrambe il loro apogeo, diventando i due più grandi poteri universali del tempo. Pertanto la Chiesa, oltre a motivi di natura morale, non poteva accettare la perdita dei propri beni materiali e terreni; questo difatti avrebbe significato, perdere potere nei confronti dell’Impero.
Quest’ultimo trovò cosi’ nell’Ordine Francescano un valido alleato politico, esasperando la chiesa, tanto che all’inizio del ‘300, la “Disputa Apostolica” toccò la massima asprezza.

Biografia di Fra Dolcino
La storiografia non è in possesso di notizie certe sulla figura e l’opera di Dolcino. Anche il luogo di nascita non è chiaro. Si suppone sia nato a Prato Sesia, un piccolo comune della bassa Valsesia ma non esistono registri ufficiali. Le poche informazioni, peraltro incerte, ne danno oltretutto quale vero nome quello di “Davide Tornielli”, tipico cognome della zona di Novara. Lo stesso appellativo di frate è incerto; non ci sono documenti che ne attestano l’effettiva pronuncia dei voti.
La sua fede, il suo credo religioso e la successiva predicazione, trae origine dagli scritti di Gioacchino Da Fiore importante teologo italiano del tempo, inserito da Dante stesso nel Paradiso tra la schiera dei beati sapienti (canto XII, versi 139-141), la cui figura è attualmente sotto un processo di canonizzazione, e soprattutto dal movimento degli Apostolici fondato da Gherardo Segalelli a cui aderi’ intorno al 1291. Nati principalmente nelle regioni dell’Italia Settentrionale, gli Apostolici di Segalelli, pur realizzando un modello di vita basato su povertà e perfetta santità, furono ben presto messi al bando dalle autorità ecclesiastiche per il loro stile apocalittico, per la loro aperta opposizione al Papa ed i continui rapporti sessuali che avevano tra di loro, dando adito a gravi accuse contro la morale. Furono condannati e repressi dalla Chiesa Cattolica; Segalelli stesso fu arso come eretico sul rogo il 18 luglio 1300. Alla morte di Segalelli, Dolcino, uno dei suoi discepoli più in vista, ne prosegui’ l’opera di diffusione.

La predicazione lo portò a continui spostamenti arrivando fino alla città di Vercelli. Qui le condizioni di miseria permisero di trovare terreno fertile per i sermoni di Dolcino che aumentò notevolmente il numero di seguaci. La forte personalità fece il resto. Rimasero affasciti persino elementi di spicco appartenenti ai ceti sociali più agiati e riusci’ per qualche tempo, a trovare anche sostegno militare grazie al nobiluomo Matteo Visconti.
Nel 1304 Dolcino, forte ormai dell’appoggio ottenuto, decise di occupare le valli della Valsesia, realizzando concretamente quel tipo di comunità teorizzato nella propria predicazione. Occupò dapprima la località denominata Parete Calva e successivamente si stanziò su ampie zone del Monte Rubello profetizzando e diffondendo le sue idee.
Ma come per tutti i movimenti ostili al Papa, anche contro i Dolciniani fu bandita una vera e propria crociata, proclamata dal vescovo di Vercelli. Tra il 1306 e il 1307, gli scontri tra le milizie capeggiate dalla Santa Sede e i seguaci di Dolcino furoni aspri e naturalmente pur resistendo a lungo terminarono con la disfatta del Dolciniani Furono catturati e passati alle armi tranne Dolcino, che fu processato e condannato ufficialmente assieme alla compagna, Margherita di Boninsegna.
Il Movimento, la Dottrina e i Contenuti dell’Ideologia Dolciniana
Alla morte di Francesco d’Assisi nel 1226, l’Ordine Francescano si divise in due correnti contrapposte: i “conventuali”, meno inclini alla regola originaria, che ammettevano la possibilità dell’ordine di disporre di beni propri e sostentamenti esterni preferendo una vita di preghiera e di convento, e gli “spirituali”, fazione meno moderata, maggiormente orientata alla regola di base, che optarono invece per una vita di povertà, austera e senza fissa dimora. Tra questi ultimi, invisi alla Chiesa, nacquero gruppi più violenti, predisposti al vagabondaggio e alle razzie, tra cui i Dolciniani, la cui predicazione si riassume in una serie di lettere che Dolcino stesso scrisse sulla base di forti influenze ispirate dagli scritti di Gioacchino da Fiore, alle quali associò una natura sempre più eversiva.
Fra i concetti cardine del suo pensiero, c’era l’eliminazione della gerarchia ecclesiastica, un ideale di povertà e una profonda avversione al potere feudale. Il modello proposto era la liberazione umana dai limiti imposti dalla società e la creazione di una nuova classe sociale egualitaria basata sulla comune proprietà e sulla parità di genere.
Basandosi sulle interpretazioni delle Sacre Scritture di Gioacchino da Fiore, la scansione del tempo fu suddivisa in tre epoche fondamentali: Età del Dio Padre, Età del Figlio, Età dello Spirito Santo. Da questa suddivisione Dolcino estrapolò diversi concetti dividendo a sua volta la storia dell’Umanità in quattro epoche distinte:
- Periodo del Vecchio Testamento;
- Periodo del Nuovo Testamento, di Cristo, e dei Dodici Apostoli;
- Periodo dell’imperatore Costantino e di Papa Silvestro I° , caratterizzato dal declino della Chiesa;
- Periodo degli Apostolici, caratterizzato da povertà e assenza di governo degli esseri umani, di cui i Dolciniani ne erano incarnazione.
Venne anche data una diversa interpretazione dell’Apocalisse di Giovanni.
L’Apocalisse di Giovanni (o Libro della Rivelazione) è l’ultimo dei Libri del Nuovo Testamento e il suo contenuto è un messaggio indirizzato alle sette chiese dell’Asia Minore, che a quei tempi erano i maggiori centri diocesani e religiosi della Cristianità, tutte concentrate in Anatolia, l’attuale Turchia (Efeso, Smirne, Pergamo, Tiatira, Sardi, Filadelfia e Laodicea). Scopo del testo è incoraggiare i fedeli a resistere alle persecuzioni da parte delle autorità romane, con la promessa dell’avvento del Regno dei Cieli. Vengono citati episodi rilevanti quali l’apertura dei sette sigilli, l’invio dei flagelli, la discesa dei quattro cavalieri. Il testo si conclude con la sconfitta della Bestia e il nuovo regno determinato dal giudizio finale, il tutto accompagnato da un linguaggio simbiolico che ne evidenzia il carattere profetico. Caratteristiche esplicite che ne ne evidenziano il rinnovamento religioso.


Rifacendosi all’Apocalisse di Giovanni, Dolcino identificò nelle sette chiese, sette nuovi soggetti che associò a sette angeli scesi in terra, incarnati in seguito in uomini di spicco:
- San Benedetto visto come l’Angelo di Efeso, e la sua chiesa era l’ordine monastico;
- Papa Silvestro I, visto come l’Angelo di Pergamo e la sua chiesa era l’ordine clericale;
- San Francesco, incarnazione dell’Angelo di Sardi, la cui chiesa era l’ordine dei Frati Minori, i cosiddetti minoriti;
- San Domenico, incarnazione dell’Angelo di Laodicea e la chiesa dei Frati Predicatori;
- Gherardo Segalelli, predecessore e mentore, l’Angelo di Smirne, la cui chiesa era il movimento dei Fratelli Apostolici;
- lo stesso Dolcino, incarnazione umana dell’Angelo di Tiatiri, la cui chiesa era appunto il movimento dei Dolciniani;
- L’Angelo di Filadelfia che sarebbe stato il nuovo papa santificato.
L’impatto che ebbe la filosofia e il pensiero di Dolcino sulla Disputa Apostolica fu lacerante e l’esplosione della violenza pauperistica raggiunse uno dei suoi maggiori picchi.
Rivalutazione successiva
della figura di Dolcino
In seguito, la figura di Dolcino è stata ampiamente rivalutata. Tra i motivi principali, il fatto di riconoscere nella sua dottrina, un modello precursore e antesignano del Socialismo. Il letterato Emanuele Sella fu uno dei primi a teorizzare tale punto di vista, e in seguito, ampio risalto le fu dato dallo scrittore e storico Gustavo Buratti (conosciuto e apprezzato sotto lo pseudonimo di Tavo Burat) che studiò in modo approfondito il movimento, fondando nel 1974 il Centro Studi Dolciniani, del quale fu e coordinatore fino al 2009.
Nel 1907 sul monte Rubello, fu eretto un obelisco in memoria dei caduti, obelisco che venne successivamente abbattutto dal Partito Fascista nel 1927 che mal digeriva un simbolo dalla natura fortemente politica, socialista e avverso. Fu sempre Buratti comunque in seguito, a decidere di installare un cippo funebre in ricordo dell’obelisco e da allora ogni anno nella seconda domenica di Settembre viene organizzato un convegno dolciniano e una cerimonia commemorativa. All’inagurazione e alla messa in posa del cippo parteciparono quasi 10 mila persone e fu invitato a intervenire anche l’attore e dramamturgo Dario Fo, che tre anni dopo, nel 1977, avrebbe portato sulle scene insieme alla collega Franca Rame la commedia teatrale “Mistero Buffo”, dove la leggenda di Dolcino prese nuova linfa. E’ inoltre presente una targa in memoria, datata 1907, presente nell’androne del ex-convento di San Graziano a Vercelli, ora sede dell’Assessorato alla Gioventù.
Che il Socialismo abbia attinto in modo considerevole dalla filosofia di Dolcino, è tuttora argomento di discussione. Dante stesso ricorda Dolcino nella Divina Commedia, destinandolo alla bolgia dei seminatori di discordie
Or di’ a fra Dolcin dunque che s’armi,
tu che forse vedra’ il sole in breve,
s’ello non vuol qui tosto seguitarmi,
Vogliamo ricordiamo infine quella che è stata la loro massima, la parola “Penitenziagite” (fate penitenza) di cui se ne riferimento soprattutto nel grande romanzo di Umberto Eco “Il Nome della Rosa”.
In generale comunque, tolti i motivi puramente teologici, la figura di Dolcino è a suo modo controversa in quanto uno dei primi esempi di ledear filosofo e/o divulgatore, che mina alle radici il potere costituito, religioso, sociale e politico.
Oggi il tracciato della fuga di Dolcino e dei suoi compagni dalla Valsesia al monte Rubello è diventato un percorso di trekking.
«Gesù e gli apostoli non avevano mai posseduto niente»
(Dolcino)